Purificazione dell’acqua con la buccia della frutta

La purificazione dell’acqua con la buccia della frutta è un’applicazione alla portata di tutti ed è supportata da studi scientifici. Scopriamo insieme la procedura ideata dai ricercatori.

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Purificazione dell’acqua con la buccia della frutta

In questo post vedremo come diversi studi scientifici hanno evidenziato la possibilità  di ottenere la purificazione dell’acqua con la buccia della frutta.

La possibilità  di sfruttare tecnologie a basso costo è una grande opportunità  per le aziende che si occupano del trattamento delle acque reflue, ma si tratta di una tecnica applicabile anche in ambito domestico per la purificazione della nostra acqua del rubinetto.

L’acqua che arriva nelle nostre case è acqua di acquedotto, a meno che non si abbia a disposizione un approvvigionamento idrico potabile differente, come può essere un pozzo artesiano.

In Italia, per essere definita potabile, l’acqua deve rispettare i parametri chimico-fisici e microbiologici previsti dal decreto legislativo 31/01.

Tra i parametri chimici, ad esempio, la normativa prevede dei limiti per metalli pesanti come rame e piombo (rispettivamente 10mg/l e 10 µg/l).

Nel mese di Aprile di quest’anno è apparso sulla rivista Acs Sustainable Chemistry & Engineering uno studio condotto da un team di ricercatori di Singapore inerente una tecnica innovativa per la purificazione delle acque.

Come affermano i ricercatori, molti paesi ancora oggi utilizzano tecnologie costose per allontanare metalli pesanti e composti organici dalle acque reflue.

L’evidenza scientifica dei ricercatori di Singapore

L’evidenza scientifica descritta nella pubblicazione, riguarda la capacità delle bucce di alcuni frutti (avocado, melone e pitaya o frutto del drago) di trattenere i cationi (ioni con carica positiva come piombo, rame, nichel presenti nelle acque, grazie alla presenza di gruppi funzionali con carica negativa sulla buccia.

Questo meccanismo si basa sulla cosiddetta “interazione elettrostatica”.

La novità  non consiste tanto nel principio su cui si basa la separazione, ma nella possibilità  di utilizzare un prodotto di scarto, le bucce appunto, come strumento per realizzare il processo di adsorbimento (il principio di funzionamento della tecnica che permette l’allontanamento dei metalli).

L’applicazione su larga scala del metodo consentirebbe di abbattere notevolmente i costi necessari per la purificazione delle acque.

Inoltre la capacità adsorbente delle bucce può essere rigenerata per alcuni cicli, consentendo un ulteriore risparmio.

Un’applicazione alla portata di tutti

L’applicazione di questa tecnica è alla portata di tutti noi. Si può utilizzare anche a livello casalingo.

Prima dello studio dei ricercatori asiatici è stato pubblicato uno della Industrial & Engineering Chemistry Research secondo il quale è possibile utilizzare le bucce di banana sempre con lo scopo di depurare l’acqua dai metalli pesanti.

Il metodo di purificazione descritto nello studio è applicabile alla nostra quotidianità, in quanto le bucce non richiedono trattamenti chimici particolari.

Descriviamo adesso le fasi della procedura applicabile anche a casa.

La buccia di banana viene esposta al sole ad essiccare per quasi una settimana. Dopo la “tostatura” della banana possiamo ridurla polvere.

Successivamente possiamo setacciare la polvere e selezionare le particelle della stessa dimensione.

Una volta setacciata, possiamo metter a contatto la polvere così ottenuta con l’acqua all’interno di in un contenitore.

A questo punto procediamo con un’accurata agitazione e ad una prima filtrazione con un colino da cucina.

Procediamo con una successiva filtrazione più accurata dell’acqua con carta da filtro posta all’interno di un imbuto.

Questo metodo di purificazione dell’acqua consente di raggiungere una % di decontaminazione del 65%. I passaggi possono essere ripetuti.

Riciclare o sfruttare un prodotto di scarto per dargli una nuova vita o un nuovo ruolo è una grande opportunità  per il nostro futuro e per il nostro pianeta e auguriamoci che la ricerca scientifica ci permetta di valorizzare sempre più ciò che oggi può sembrarci inutile.