Il latte in polvere è sicuro?

Il concetto di “sterilità commerciale” è poco noto al consumatore che spesso ignora la potenziale pericolosità di alcune abitudini nel mantenimento degli alimenti. Le formule per lattanti non fanno eccezione. Scopriamo perchè è fondamentale una corretta gestione delle formule ricostituite.

Sicurezza del latte in polvere e la sua corretta gestione

Il latte in polvere è sicuro? In questo articolo intendiamo rispondere a questa domanda analizzando sia gli aspetti normativi a cui gli operatori del settore alimentare devono attenersi per immettere sul mercato un prodotto conforme, sia gli aspetti più pratici legati all’utilizzo da parte del consumatore.

Il fatto di trovare alimenti negli scaffali a temperatura ambiente induce alcuni consumatori a pensare che quei prodotti siano “sterili”. Dobbiamo fare un po’ di chiarezza su questo punto perchè nessun alimento è sterile se con questo termine si intende l’assenza completa di microrganismi.

I produttori di alimenti, in questo caso di prodotti non deperibili, governano il loro processo in modo tale da ottenere un prodotto stabile.

Stabile in che senso? Stabile da un punto di vista microbiologico, in quanto il risultato che si vuole ottenere con un trattamento termico è quello di ridurre la probabilità di sopravvivenza del batterio patogeno più termoresistente.

Il concetto di sterilità commerciale

Gli addetti ai lavori sanno che se nel prodotto può accrescersi un microrganismo patogeno, l’effetto sterilizzante del trattamento termico si considera adeguato se comporta 12-15 riduzioni decimali della popolazione microbica iniziale di Clostridium botulinum (le riduzioni decimali richieste sono solo 3 se viene valutato l’anadamento di spore di Clostridium sporogenes, più termoresistente del botulino).

Nel grafico sottoriportato vediamo l’andamento nel tempo nel numero di microrganismi viventi per grammo o kg di prodotto (N) quando l’alimento è sottoposto a trattamento termico a una certa temperatura. Si tratta di una retta di sopravvivenza che si ottiene sperimentalmente sottoponendo diversi campioni di una sospensione microbica ad una serie di trattamenti termici ad una temperatura letale, per tempi diversi, e determinando con conte colturali la concentrazione dei microrganismi sopravvissuti.

Cronobacter e le sue caratteristiche

Cronobacter è un Bacillo Gram- appartente alla famiglia delle Enterobacteriaceae. Una volta era denominato Enterobacter sakazakii, questo batterio causa rare malattie infettive, sepsi e meningiti, prevalentemente nei neonati con età inferiore ai 2 mesi.

Cresce in un ampio range di temperature (+6/+47°C) e persiste in forma vitale nei prodotti con bassa aw (attività dell’acqua), come nel caso del latte in polvere. Può essere rilevato negli ambienti produttivi aziendali e non può essere totalmente eliminato.

Gli alimenti implicati sono proprio le formule per lattanti a base di latte, reidratate e mantenute a temperature che consentono la crescita di Cronobacter.
Dal punto di vista dell’operatore del settore alimentare, la misura principale per ridurre la contaminazione è l’applicazione di buone pratiche igieniche nelle fasi di lavorazione.

Il Reg. CE 2073/05 sui criteri applicabili ai prodotti alimentari prevede il seguente limite previsto per le formule per lattanti:

dove 30 è il numero di unità campionarie da analizzare per quel lotto di produzione e in tutte e trenta Cronobacter deve risultare assente in 10 g. Questo è il criterio fissato per legge a cui gli Operatori del Settore Alimentare devono attenersi. Devono garantire il rispetto del criterio per tutto il periodo di conservabilità del prodotto (quindi non solo al momento dell’immissione sul mercato ma anche fino al termine della vita commerciale del prodotto riportata in etichetta).

Conclusioni

Tornando alla domanda iniziale… Il latte in polvere è sicuro?

Dal punto di vista dell’operatore ci sono sicuramente delle attente valutazioni tecniche da fare in ambito di autocontrollo, l’impostazione di un piano di sanificazione adeguato e le relative verifiche analitiche a conferma dell’efficacia delle operazioni di sanificazione.

Sappiamo che l’applicazione dell’autocontrollo serve proprio come approccio preventivo ai problemi di natura igienico-sanitaria. L’operatore ha la responsabilità di fare tutto quello che serve per immettere sul mercato un prodotto conforme.

Cosa deve fare l’utilizzatore finale?

Fondamentamente è necessario avere delle accortezze sia nella preparazione (igiene delle mani e degli utensili impiegati) sia nella conservazione delle formule ricostituite. L’eventuale eccedenza deve essere conservata in frigorifero e non a temperatura ambiente perchè, come abbiamo visto, Cronobacter cresce in un ampio range di temperatura (+6°C/+47°C).

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